Amore romantico e sesso studiati mediante ERP

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 28 maggio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE/DISCUSSIONE]

 

Hou e vari colleghi provenienti da istituti filosofici, di neuroscienze, di psicologia dello sviluppo e scienze umane hanno indagato le relazioni esistenti fra tre sistemi di motivazione ed emozione: quello dell’attaccamento fra persone adulte, quello dell’amore romantico e quello dell’erotismo. Lo studio, realizzato con metodologia elettrofisiologica, si è basato sostanzialmente sul rilievo elettroencefalografico di potenziali associati ad eventi percepiti (ERP = event related potential) durante prove sperimentali cui sono stati sottoposti 37 volontari in buona salute.

Gli interessanti risultati hanno fatto registrare discordanze fra i rilievi elettrofunzionali e quanto si poteva evincere in chiave comportamentale (Hou J., et al. How Does Adult Attachment Affect Human Recognition of Love-related and Sex-related Stimuli: An ERP Study. Frontiers in Psychology – Epub ahead of print doi: 10.3389/fpsyg.2016.00596. eCollection 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Philosophy, Anhui University Hefei (Cina); School of Humanities and Social Science, University of Science and Technology of China Hefei (Cina); CAS Key Laboratory of Brain Function and Disease, School of Life Science, University of Science and Technology of China Hefei (Cina); Institute of Developmental Psychology, Beijing Normal University, Beijing (Cina).

Lo studio dell’attività elettrica corticale dei 37 volontari sani ha analizzato il profilo degli ERP per ricavarne informazioni sull’attività cerebrale in risposta alla visione di immagini catalogate in 5 diverse categorie così denominate: “sesso”, “amore”, “amici”, “sport” e “neutra”.

Due osservazioni possono aiutare ad assumere una prospettiva utile per una riflessione critica su questo studio e su altri studi che adottino la stessa impostazione.

La prima rileva che in realtà non si osserva il cervello in funzione durante l’esperienza compiuta negli ambiti definiti dalle categorie tematiche, ma semplicemente si registrano risposte elettrofisiologiche ad immagini collegate concettualmente con quelle categorie.

La seconda osservazione sottolinea l’assunzione implicita che a quella ripartizione in categorie di senso affettivo corrisponda un’organizzazione funzionale cerebrale. In altri termini, si suppone che quelle categorie abbiano senso per il cervello come lo hanno per la nostra mente istruita e modellata dalla cultura. Cosa, questa, tutt’altro che scontata. Infatti, se nell’organizzazione neurofunzionale si può facilmente riconoscere una distinzione paradigmatica intorno, ad esempio, a due istinti di base, quali quello alimentare e quello riproduttivo, non è affatto sicuro che nel fondamento cerebrale della mente vi siano basi neurofunzionali distinte per categorie quali “sport” e “amici”, in quanto tali.

In lavori interdisciplinari come questo si acquista indubbiamente valore in termini di portata dello studio, ma si perde in coerenza metodologica e in significatività dei risultati. Infatti, se non si ha altra pretesa che rilevare, caratterizzare e analizzare i correlati neurofunzionali di esperienze visive, il lavoro conserva utilità e validità documentaria; se invece si intende fornire un contributo alla conoscenza delle basi neurofunzionali dell’attaccamento fra adulti, dell’amore romantico e della sessualità, la sua validità è molto più problematica.

Una considerazione conclusiva riguarda un aspetto del rapporto fra concetti psicologici e basi neurofunzionali dell’esperienza psichica. In passato, si tendeva a definire lo stato psichico in relazione ad un’esperienza sulla base della sua connotazione cognitiva, e poi si aggiungevano gli elementi di caratterizzazione emozionale. Sicuramente questo criterio aveva dei limiti ma, riferendosi alle evidenze sperimentali degli schemi stereotipati delle risposte emozionali, come quelli della reazione “fuga o attacco”, era più vicino alla realtà di quanto lo sia l’approccio che cerca, ad esempio, le basi neurobiologiche dell’amicizia nell’ossitocina e nei suoi recettori o, addirittura, in un presunto “circuito” dell’amicizia. Così, la corrispondenza fra un concetto quale “amore platonico” e ciò che accade nel cervello e nei sistemi connessi quando si fa esperienza di tale sentimento, non può che essere relativa e parziale: a quale “oggetto funzionale” dovrebbe corrispondere? Se si pensa alla distanza che intercorre fra la realtà neurofunzionale sperimentalmente misurabile e le astrazioni nel campo di emozioni, affetti e sentimenti umani, si possono facilmente comprendere le difficoltà che si incontrano nel tentativo di delineare ipoteticamente un tale oggetto per poterlo identificare.

I contenuti affettivo-emozionali hanno un’importanza rilevante per la caratterizzazione qualitativa di un’esperienza, ma la loro base neurofunzionale attualmente nota non aiuta a distinguere. La mediazione di reti che fanno capo all’amigdala e ad altre aree implicate nell’elaborazione delle risposte emozionali, con il decisivo intervento dell’ipotalamo, determina l’aumento della frequenza cardiaca e di altri parametri di attivazione neurovegetativa ortosimpatica in situazioni tanto diverse quali un rischio per l’incolumità, un appuntamento fra innamorati, una prova dall’esito incerto, l’entusiasmo per una sorpresa gradita, un approccio erotico desiderato, la rievocazione di una paura, ecc. È vero che esistono differenze nelle altre componenti fisiologiche di tali esperienze, ma è pur vero che sono ancora poco caratterizzate e in nessun caso sono stati individuati sistemi totalmente diversi e separati per la mediazione di esperienze affettivo-emotive concettualizzate nella cultura comune e nelle teorie psicologiche come oggetti del tutto distinti.

Tornando al lavoro di Hou e colleghi, i 37 volontari sani studiati mediante il rilievo di ERP durante la visione di immagini delle cinque categorie prima citate, avevano fatto esperienza di amore platonico di coppia o, come convenzionalmente si dice per distinguerlo da relazioni esclusivamente sessuali, di amore romantico. Gli autori dello studio hanno anche esaminato i partecipanti per ciò che concerne lo “stile di attaccamento adulto”, il livello di “amore passionale” e gli atteggiamenti sessuali.

Come ci si poteva attendere sulla base di quanto emerso in studi precedenti, un primo esito di una certa evidenza è stata la differenza fra le risposte corticali alle immagini della serie “amore” e le risposte alle immagini della serie “sesso”. L’analisi elettrofisiologica ha infatti evidenziato differenze nelle onde negative N1 ed N2, e differenze nei costituenti delle onde lente positive PSW, (da positive slow wave).

Hou e colleghi hanno poi rilevato che i differenti stili di attaccamento adulto incidevano sui processi di riconoscimento in risposta alle immagini associate all’amore e alla sessualità, con una particolare influenza su queste ultime.

Un aspetto interessante è costituito dal rapporto fra la caratterizzazione psicologica dell’atteggiamento manifestato nel sentimento di legame e il profilo elettrico dei potenziali evocati. In particolare, le persone con uno stile di attaccamento timoroso generavano nelle aree frontali voltaggi significativamente più bassi, in N1 ed N2, di quelli prodotti da volontari con uno stile di attaccamento sicuro o tendente alla separazione, per immagini legate al sesso.

La terza serie di osservazioni ha rilevato, da dati comportamentali, che gli stili di attaccamento adulto non erano significativamente correlati ad alcuna dimensione di atteggiamenti sessuali, ma erano significativamente associati al punteggio totale ottenuto alla PLS (passionate love scale). Si è perciò rilevato che i risultati comportamentali non erano in linea con quelli elettrofisiologici.

In base all’analisi complessiva e dettagliata dei risultati ottenuti, per la quale si rinvia alla lettura del testo dell’articolo originale, gli autori concludono che gli stili di attaccamento adulto potrebbero mediare gli effetti di eccitazione erotica e l’attività dei sistemi di attrazione.

 

L’autrice della nota ringrazia la professoressa Monica Lanfredini per la collaborazione nella redazione del testo e invita alla lettura degli articoli di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-28 maggio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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